In questo post voglio aiutarvi a capire a cosa serve e come funziona il subkick.
Lo avrete visto mille volte ed il nome magari non vi dice nulla, ma il Subkick è quel piccolo tamburo con dentro un altoparlante, che si posiziona avanti alla cassa per ottenere le frequenze più basse, che gli altri microfoni non riescono a captare.
Non parlo molto spesso di attrezzature specifiche e quando lo faccio non è mai con l’intenzione di sponsorizzare niente. Neanche questa volta voglio farlo, ma è ovvio che il nome Subkick fa subito pensare alla Yamaha, che credo sia stata la prima casa famosa a farne uno prodotto in serie.
Anche altre case si sono messe a produrre questo accessorio, come ad esempio la DW, chiamandolo Moon Mic, ma nell’immaginario comune è rimasto il nome Subkick.
Non entriamo nel dettaglio sulle motivazioni che hanno spinto la Yamaha ad interromperne la produzione, ma sta di fatto che è un oggetto ricercato e che incuriosisce molti. Me per primo.
Per capire come funziona il Subkick, bisogna fare un piccolo preambolo.
Inizio con il dire che sia i microfoni che gli altoparlanti sono dei trasduttori e cioè sono dei dispositivi che hanno la capacità di trasformare una grandezza fisica in un’altra.
Se un microfono ricevendo una pressione sulla membrana la trasforma in segnale elettrico, un altoparlante funziona con il principio contrario.
Quindi se prendiamo un altoparlante (un cono di una cassa) ed invece che collegarlo ad un amplificatore, lo colleghiamo ad un sistema per captare segnali sonori come un mixer o un preamplificatore, può essere utilizzato come microfono.
È anche vero che quando ascoltiamo la musica, per produrre frequenze basse abbiamo bisogno di un altoparlante con un cono ampio e quindi invertendo la logica del ragionamento anche in questo caso si suppone che per catturare le frequenze basse ci sia bisogno di un diaframma sufficientemente ampio.
La teoria è questa:
I microfoni classici per la cassa, captano determinate frequenze a seconda dei modelli. Sono stati progettati appositamente per catturare anche le basse frequenze, ma nonostante vengano dati come capaci di catturare le frequenze basse fino a 20 Hz, spesso hanno difficoltà a farlo.
Secondo il principio che ti ho spiegato sopra, si è pensato di utilizzare in coppia ad un normale microfono, un subkick.
Ovviamente non è possibile ottenere il suono pulito di un bel microfono, perché a causa delle sue dimensioni, per far vibrare la membrana di un altoparlante ci vuole una massa d’aria importante.
Per questo motivo se lo usassimo per cantare, non sarebbe possibile captare frequenze alte e medie, ma le basse magari si.
Per avere quindi un range ampio di frequenze viene utilizzato in coppia con un microfono.
Sembra che il Subkick Yamaha per esempio abbia le migliori performance se abbinato con lo Shure Beta 52.
Qui il discorso si fa un po’ più interessante e meno romantico.
È tutto bello quello che ho scritto finora, ma in realtà ci sono moltissime voci che vanno un po’ controcorrente rispetto alle versioni ufficiali (lette finora).
Premetto che le riporto per completezza, a voi il giudizio finale.
Secondo alcuni anche autorevoli tecnici del settore, l’altoparlante non sarebbe in realtà in grado di captare delle frequenze che un microfono convenzionale non riesce a captare. Se si leggono infatti le schede tecniche dell’AKG D112 MKII e dello Shure Beta 52, che sono due tra i più usati microfoni per cassa e neanche troppo cari, in teoria coprono un range di frequenze fino a 20 Hz. Molto interessante direi considerando poi che la nota fondamentale di una cassa per batteria è nella regione tra i 60 ed i 90 Hz, all’interno quindi del range di un microfono convenzionale.
Molti sostengono che la dimensione del diaframma del microfono è irrilevante quando si tratta della risposta LF (può influire invece su quella HF). Il motivo è che un microfono funziona come un rilevatore di pressione rilevando la pressione dell’aria in un punto nello spazio.
Senza entrare troppo nel dettaglio (vi rimando alle schede tecniche per avere maggiori dettagli), le frequenze basse “catturate” dal Subkick, non sarebbero delle frequenze che a differenza di un microfono normale questo sistema riesce a catturare, bensì una “oscillazione decadente” che genera un esteso segnale a bassa frequenza, scambiato per delle mistiche frequenza perdute.
Tecnicamente no. Almeno secondo questi ingegneri del suono.
Sarebbe quindi un suono finto, non è la vostra cassa ad emettere quelle frequenze.
In realtà il segnale di uscita del Subkick non sarebbe correlato alla struttura armonica della cassa ma una caratteristica di risonanza dell’altoparlante dovuto al diaframma che non riesce a tornare nella sua posizione di riposo senza oscillare avanti e dietro.
Ora accade che le dimensioni e la naturale risonanza della cassa del NS10 si integri molto bene con la fondamentale della grancassa, offrendo una coda low-end molto interessante.
Detto questo, secondo questi tecnici va benissimo usarlo, in quanto completa ottimamente il suono della cassa, ma non bisogna avere l’idea di stare catturando qualcosa di reale e che sfugge agli altri microfoni.
Credo che se parliamo di innovazioni nel campo musicale, sono pochi coloro che ne vantano molte ed importanti e tra questi sicuramente ci sono loro: I Beatles.
Possono piacervi o non piacervi, ma nessuno toglierà loro il merito di aver dato il via a moltissime innovazioni e rivoluzioni nel campo delle registrazioni in studio. Veri pionieri della musica moderna.
Si dice quindi che sia stato Paul Mc Cartney che mentre registrava Paperback Writer nel 1966, non era assolutamente soddisfatto di come usciva il suo basso.
Decise quindi, facendo il ragionamento che ho spiegato sopra, di posizionare davanti al suo amplificatore, uno speaker al contrario, tutto questo senza sapere esattamente come funziona il subkick.
In realtà il “trucco” era già noto a molti studi di registrazione che infatti recuperavano dei woofer dalle casse da studio e li usavano per catturare le frequenze basse. Mc Cartney fu il primo ad usarlo anche per il suono del basso.
A quell’epoca venivano usati spesso gli altoparlanti delle Yamaha NS10, in quanto a causa di un difetto dei tweeter risultavano inutilizzabili per l’ascolto dopo poco tempo.
Vendere un altoparlante montato su un supporto in ferro probabilmente non avrebbe avuto quell’appeal sperato, così è stato provvisto (nel caso di Yamaha) di fusto su misura in betulla e mogano Philippine a 7 strati, montati su un apposito stand. Molto bello da vedere, ma dal costo di circa 300€.
È il marketing signori.
Si, puoi costruire un Subkick da solo ed è piuttosto semplice farlo.
Ovviamente bisogna capire prima bene come funziona il subkick e come poterlo assemblare.
Ci sono decine di tutorial su come farsi un Subkick a casa e con poca spesa, ma non è argomento di questo post e quindi non scenderò nei dettagli, anche perché sono davvero un disastro con il fai-da-te.
In conclusione è evidente che il Subkick aiuta. Che siano frequenze che gli altri microfoni non catturano o più verosimilmente frequenze che si generano dall’altoparlante in realtà poco importa.
Quello che è più importante è che nel momento in cui lo si mette avanti alla cassa, si noti un miglioramento nella cattura delle frequenze basse ed aiuti ad avere un suono di cassa migliore.
È provato che non è un vantaggio solamente per chi suona ad alti volumi ma anche chi ha un tocco leggero ed utilizza una battente di feltro può trarre giovamento dall’utilizzo del Subkick.
Ovviamente i gusti e l’orecchio di ogni musicista daranno poi il giudizio definitivo, ma se lo scopo dell’articolo era capire a cosa serve e come funziona il subkick, credo di aver dato una risposta.
È altrettanto ovvio che non dovete scegliere un Subkick (come qualunque altro strumento o accessorio) solamente perché lo monta un artista che vi piace. Spesso quelli sono accordi commerciali e non reali necessità. Alcuni di essi potrebbero vedersi montato questo accessorio senza sapere neanche esattamente come funziona il subkick. Quindi come per tutti gli articoli che recensisco anche stavolta ti chiedo di ascoltare con le tue orecchie prima di fare l’acquisto.
Il fatto che mi sia concentrato sullo Yamaha è un caso dovuto alla grande diffusione del modello prodotto dalla casa giapponese, ma se ne trovano molti artigianali, anche di buona fattura ed è inoltre relativamente semplice costruirsene uno con una spesa contenuta (soprattutto se si è già in possesso dell’altoparlante).
Ne avete provato uno? Avete altro da aggiungere o qualcosa da correggere? Scrivetemi nei commenti.
Fabio.
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Ciao, sono Fabio Portinari e sono il fondatore e motore di Impara la Batteria, uno dei blog sulla batteria più seguiti d’Italia con oltre 5.000 lettori ogni mese.
Suono da quasi 30 anni e fin da giovanissimo ho avuto una grande passione per la batteria e tutti gli aspetti che la riguardano.
Studio, suono, insegno e mi piace scrivere parlando di un mondo che mi affascina molto nella sua interezza, non solamente degli aspetti tecnici.
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