Durante una delle mie numerose letture inerenti più alla mia formazione accademica che al mondo della batteria, mi è caduto l’occhio su un titolo che diceva: “The Neuroscience of drumming: Researchers Discover the Secrets of Drumming & The Human Brain” che per chi non è allenato con l’inglese si può tradurre come “La Neuroscienza della batteria: Ricercatori scoprono i segreti del suonare la batteria e del cervello umano”.
“Un articolo sulla batteria in una rivista scientifica?”
Ma cosa ci fa un articolo sulla batteria in una rivista puramente scientifica?
Troppo tentato! Ho abbandonato tutto e mi sono messo a leggere.
Ovvio che fosse interessante ed ovvio che voglia riproporvelo soprattutto per coloro che non leggono in inglese ma anche per tutti gli altri che non lo conoscono ancora.
Se preferisci leggerlo nella versione originale in inglese, CLICCA QUI
Una battuta di un vecchio musicista dice: “Ci sono tre tipi di batteristi nel mondo – quelli che possono contare e quelli che non possono.” Ma forse c’è una divisione ancora più ampia, forse ci sono tre tipi di persone nel mondo: Quelli che possono suonare la batteria e quelli che non possono.
Forse, come suggerisce il video promozionale che ho postato qui sopra, i batteristi hanno un cervello fondamentalmente diverso rispetto al resto di noi. Oggi la ricerca scientifica si è concentrata sul cervello dei batteristi ed ha notato un’area in espansione inerente alle neuroscienze ed alla psicologia che smentisce una serie oramai famosa di stupide battute sui batteristi.
“Sono stati fatti degli studi scientifici”
“I batteristi”, scrive Jordan Taylor Sloan al Mic, “possono essere in realtà più intelligenti dei loro colleghi meno concentrati sul ritmo”.
Questo secondo i risultati di uno studio svedese (Karolinska Institutet di Stoccolma) che mostra “un legame tra intelligenza, capacità di tenere il tempo e la parte del cervello utilizzata per risolvere i problemi di tutti i giorni.” Come Gary Cleland mette in evidenza ne suo articolo sul The Telegraph, i batteristi” potrebbero essere in realtà degli intellettuali naturali “.
Il neuroscienziato David Eagleman, un ricercatore del The New Yorker definisce “un uomo ossessionato dal tempo”, quello che ha scoperto in un esperimento condotto con vari batteristi professionisti nello studio di Brian Eno.
È stato proprio Eno che ha teorizzato che i batteristi hanno un trucco mentale unico, e scopre così che “Eno aveva ragione: i batteristi hanno cervello diverso dagli altri“.
Il test di Eagleman ha mostrato “un’enorme differenza statistica tra i tempi dei batteristi e quello degli altri soggetti del test” “Dice Eagleman,” Ora sappiamo che c’è qualcosa di anatomicamente diverso in loro.”
La loro capacità di mantenere il tempo dà loro una comprensione intuitiva dei modelli ritmici che percepiscono tutt’attorno a loro.
Questa differenza può essere fastidiosa, come il dolore di avere una perfetta accordatura in un mondo perennemente scordato.
Ma la batteria ha in definitiva un valore terapeutico, fornendo i benefici emotivi e fisici noti collettivamente come “picchi del batterista”, e descritti come un flusso di endorfina che può essere stimolata solo suonando la musica, non semplicemente ascoltandola.
Oltre ad aumentare le soglie del dolore delle persone, gli psicologi di Oxford hanno scoperto che l’aumento di endorfine dato dal suonare la batteria aumenta le emozioni positive e porta le persone a lavorare insieme in modo più cooperativo.
Il batterista dei Clash Topper Headon parla dell’aspetto terapeutico della batteria in una breve intervista della BBC.
Egli definisce il suonare la batteria come un’attività “primordiale” e distintamente specificatamente umana. L’ex batterista dei Grateful Dead, Mickey Hart e il neuroscienziato Adam Gazzaley, nutrono grandi speranze per la scienza del ritmo.
Hart, che ha ideato uno spettacolo di luci comandate solamente dalle sue onde cerebrali in concerti con la sua band, parla del “potere” del ritmo per “muovere” le folle ed aiutare i malati di Alzheimer a mantenere il contatto con il presente.
È discutibile pensare che chiunque non suoni, possa allenarsi a pensare ed essere come un batterista.
Ma per quanto riguarda il fatto che i batteristi pensino davvero in modi in cui i non batteristi non possano fare, considerate la neuroscienza dei battiti poliritmici di Stewart Copeland e il lavoro di Terry Bozzio che suona il più grande drumkit che abbiate mai visto.
Articolo originale di:
Josh Jones è uno scrittore e musicista con sede a Durham, NC.
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