Ciao e bentornati, in questo post parleremo degli anni ’70, di come registrare la batteria con 4 microfoni, di Glyn Johns, di John Bohnam, dei Beatles, e di molte altra cose interessanti.

Ma andiamo per ordine.

Registrare la batteria con 4 microfoni

Glyn Johns

Registrare la batteria è una necessità oltreché un piacere per molti di noi. L’esperienza in studio da sempre è tra le mie preferite e sperimentare i suoni, le riprese, il mix, qualche sovraincisione (perché no) per me sono sempre momenti di crescita in cui imparare e capire delle dinamiche che studiando a casa o suonando dal vivo spesso non si sfiorano neanche.

Alcuni sono fortunati e possono permettersi di registrare in degli studi di prim’ordine con tecnici del suono molto bravi ed attrezzature costose e all’avanguardia, ma molti altri spesso si ritrovano a registrare in studi medio/piccoli, dove a farla da padrona è l’arte di arrangiarsi un po’ e soprattutto dove si usano le stesse tecniche un po’ per tutti i batteristi.

Matt_Laug

Noi come “ospiti” paganti o meno ci ritroviamo spesso a sottostare a queste regole senza tanto poter mettere bocca sulle decisioni, limitandoci a suonare la nostra parte nel miglior modo possibile o al massimo a dare qualche consiglio sulle sordinature (attenzione i fonici sono molto permalosi a riguardo!).

Sempre più spesso però ci troviamo a registrare delle parti in maniera “casalinga” visto che oggi le tecnologie ce lo permettono senza troppi problemi e con una spesa abbordabile possiamo ottenere dei risultati molto soddisfacenti anche così, magari con l’aiuto di un tecnico del suono ma risparmiando su molte altre cose.

Quanti microfoni utilizzare per registrare la batteria?

Per rispondere a questa domanda ci sono ovviamente molte cose da considerare.

Le scuole di pensiero sono diverse e dipendono davvero da molti fattori. Diciamo che in generale ci sono due approcci che possiamo utilizzare: La registrazione con molti microfoni, dove ogni pezzo ha il suo microfono e la registrazione con pochi microfoni posizionati in posizioni definite “strategiche“.

Non parlerò di modelli o marchi specifici, non voglio vendere niente e soprattutto non sono la persona più adatta ad andare così nello specifico nel settore dei microfoni.

Registrare la batteria con molti microfoni

Con questo approccio si utilizzano in media 8-10 microfoni, solitamente per cassa (1 o 2 microfoni), rullante (sopra e sotto), toms, timpano, charleston ed un paio di panoramici.

Beyerdynamic M160 a condensatore

Questa è la situazione più comune nella quale ci si può ritrovare, molti studi di registrazione adottano questo approccio che ha diversi vantaggi tra i quali il poter agire in maniera puntuale su ogni “pezzo” della batteria e variare suono e volume in maniera molto più precisa. Questo metodo permette anche un certo numero di imprecisioni (per quanto piccole) che possono essere mascherate e corrette con un buon lavoro di post.

Per contro è un metodo che necessita di un numero importante di microfoni, di una discreta quantità di risorse a livello informatico (parliamo sempre di registrazione digitale) e di problemi di fase che si possono creare.

Per problemi di fase intendo il risultato delle differenze temporali di arrivo del suono ai vari microfoni.

Registrare con pochi microfoni

Alcuni adottano la tecnica di registrare la batteria con pochi microfoni.

Come è facilmente intuibile, la situazione sarà opposta alla precedente e cioè si guadagnerà in termini di dispendio di risorse informatiche, del numero di microfoni, ma il batterista dovrà essere molto più importante nella registrazione in quanto assumerà un ruolo ancora più centrale, sia in termini di precisione che di suono.

Registrare la batteria con 4 microfoni (metodo Glyn Johns)

Chi è Glyn Johns?

Inannzitutto presentiamo il personaggio. Glyn Johns, classe 1942, è un produttore discografico britannico per la EMI, padre di Ethan Johns e famoso soprattutto per aver lavorato con artisti come i Led Zeppelin, Rolling Stones, The Who, Bob Dylan, Eric Clapton, Eagles, Joe Satriani e per essere stato esautorato da John Lennon durante le lavorazioni di “Let it be“, sostituendolo con Phil Spector considerato il padre dell’allora famoso “wall of sound“.

Glyn Johns e Jimmy Page

Quest’ultimo è un aneddoto davvero molto interessante da approfondire e chi volesse farlo ha la possibilità di trovare questa ed altre molte storie nella sua interessantissima biografia che si può trovare a questo LINK.

I più attenti lo citano spesso per il suono della chitarra di Jimmy Page e della batteria di John Bonham.

Soprassediamo per quanto riguarda Jimmy Page e ci concentriamo sul suono di “Bonzo”.

Cerchiamo subito di mettere a fuoco di quale il suono stiamo parlando, eccolo qua:

In cosa consiste il metodo Glyn Johns?

Passiamo al succo della questione.

Ovviamente come avrete capito, Glyn Johns è il “padre” più famoso della tecnica famosa per registrare la batteria con 4 microfoni.

A dire la verità lui originariamente utilizzava 3 microfoni, due condensatori a diaframma largo con figura polare cardioide ed un dinamico. Molti oggi aggiungono un quarto microfono sul rullante per dare più presenza.

Detta così non è che sembri questa grande innovazione, ma il punto di forza di questa tecnica è dove Glyn Johns posizionava i microfoni.

Dove posizionare i microfoni?

Il primo dei due condensatori va posizionato sopra la batteria, ad una distanza tra i 80 ed i 120 cm che punta dritto verso la grancassa, mantre l’altro, alla stessa distanza ma a destra del batterista, circa 20 cm più in alto del timpano e che punta dritto verso il charleston.

Potrebbe bastare anche così per avere una ripresa bilanciata della batteria, ma si utilizza anche un microfono dinamico per la cassa e, nelle più moderne interpretazioni di questa tecnica, uno per il rullante, in modo da poter dare più “presenza” qualora ce ne fosse bisogno.

Questi ultimi due microfoni nel mix vanno posizionati al centro mentre quello sopra il rullante consigliano di “pannarlometà a destra, senza andare troppo in fondo, mentre l’altro (quello sopra il timpano) va “pannatotutto a sinistra in modo da dare più profondità al kit.

Risolvere alcune problematiche

Se dovessero sorgere problemi di fase, bisogna agire sul posizionamento dei microfoni ricordando sempre che è molto importante che stiano alla stessa distanza dal rullante.

La fase è influenzata da quanto impiega l’onda sonora a raggiungere un microfono, in relazione all’altro.

Altro aspetto importante è che se non si è soddisfatti del suono che ne viene fuori, non utilizzate i microfoni sulla cassa e sul rullante per “aggiustare” il mix, ma tornate indietro e regolate di nuovo i due condensatori fino a quando non si avrà un mix bilanciato e soddisfacente già così.

Dovremmo avere il rullante al centro, i piatti aperti ed un buon bilanciamento dei tamburi in generale.

Microfoni su cassa e rullante

Potrebbe mancare un po’ di presenza della cassa e del rullante, solo per questo possiamo usare i due microfoni aggiuntivi dinamici.

Il microfono sulla cassa va messo nella parte esterna alla risonante dove potrà essere di aiuto nel captare bene l’attacco.

Per quanto riguarda il rullante, il microfono va messo circa 4-5 cm sopra il cerchio, sperimentando un po’ le varie angolature in modo da avere un buon suono pieno.

Stanza di ripresa

Ovviamente anche la stanza gioca un ruolo fondamentale, inutile dirlo.

Stiamo registrando con una tecnica del genere ed il reverbero della stanza è molto importante.

Potete vedere, cercando un po’ sul web, le stanze dove registrava John Bohnam e capirete come gli spazi grandi aiutino molto questa tecnica.

Se vogliamo un suono molto “aperto” non possiamo pensare di adottare questo tipo di registrazione in una stanza molto “ovattata“, (dead space dicono gli americani) ed aspettarci un suono arioso solo per aver messo due microfoni in un certo modo.

Lele Melotti
Lele Melotti

C’è bisogno di uno spazio sufficientemente grande con pareti che facciano circolare il suono e non tendano a “stopparlo” troppo.

Chi crede poi che certi suoni si possano ottenere solo con studi di registrazione “top” con costi “top”, si sbagliano di grosso. Certo John Bohnam aveva dei tecnici del suono molto competenti, ma gli studi erano spesso tutt’altro che degli studi super professionali, e questo vale per moltissime produzioni degli anni ’70.

Ovviamente vale sempre, per qualsiasi tecnica di registrazione il concetto che meglio suona la stanza e migliore sarà la registrazione.

Mettere un microfono ambiente in più?

Beh, in molti lo fanno.

Così è vero che il numero di microfoni comincia a crescere e non siamo più al minimale come questa tecnica dovrebbe essere, ma molti giurano che avere un microfono che riprende l’ambiente, posizionato circa 3 metri avanti al kit ad un’altezza di circa 1.5/2 mt possa dare una spinta in più qualora ce ne sia bisogno.

Personalmente, anzi grazie ai consigli del mio amico fonico (è grazie a lui che conosco e sperimento queste tecniche), ne abbiamo posizionato uno alle mie spalle, ad altezza torace, in modo da prendere la batteria ma senza l’invadenza del rullante che arriva diretto (è coperto da me che sono tra il rullante ed il microfono).

A voi l’ardua sentenza. Qui siamo nel campo della sperimentazione, nel senso che io lo posizionerei, poi deciderei successivamente se usarlo o meno, a seconda del risultato e delle necessità e di come risponde” la stanza.

Vantaggi della tecnica Glyn Johns

Il vantaggio principale è ovviamente quello del numero di microfoni utilizzati, 4 microfoni contro gli 8/10 di una ripresa “standard”, il che va ad incidere direttamente anche sulle risorse di cui avrà bisogno il computer, dei tempi per il mixing, ecc…

Altro vantaggio è il suono. So che sembra un discorso banale, ma se volete delle sonorità così potente ed aperta, questo è il modo di ottenerle. Lavorare con una microfonazione standard per riuscire ad avere questo risultato, è molto complicato.

Svantaggi della tecnica Glyn Johns

Lo svantaggio principale, anche se è un po’ strano da dire, è che utilizzando questa tecnica si necessita di un buon batterista.

Registrare la batteria con 4 microfoni non permette di camuffare difetti di dinamica, o fare correzioni in post, qui il batterista verrà fuori per quello che è veramente ed il suo suono sarà molto fedele a quello che si sente nella stanza al momento della registrazione.

Batteristi come John Bonham non avevano assolutamente problemi a riguardo, le sue dinamiche sono sempre state eccezionali, i suoi suoni splendidi e non poteva che essere lui il più grande spot di questa tecnica di ripresa.

ian paice supraphonic
Ian Paice (Deep Purple)

Altro elemento da considerare (che non è propriamente ne un vantaggio ne uno svantaggio) è la poca “separazione” dei suoni nel mix. Con questa tecnica si avrà un bel suono uniforme della batteria, senza la distinzione troppo precisa dei vari elementi, cosa che per alcuni può essere un problema, in quanto come prima detto potrebbe non essere possibile distinguere in maniera dettagliata tutti i componenti della batteria, mentre per altri è un punto di forza perché mescola bene il sound e lo rende bello compatto e “punchy“.

Per alcuni questo genera groove ed autenticità, mentre per altri è un limite, soprattutto per alcuni generi.

Altra considerazione che sento e leggo molto è che così le batterie suonano “troppo funk“, quasiasi cosa questo voglia dire…

Altro svantaggio, ovvio ma è bene ribadirlo, è che nessuno di noi è John Glynn e sia il modo in cui viene applicato che tutti gli elementi a contorno potrabbero essere diversi da quella che è considerata la situazione ideale per mettere in atto questa tecnica.

Conclusioni

Questo tipo di tecnica per registrare la batteria con 4 microfoni non è affatto dispendiosa in termini economici, tutto quello che serve, sono due microfoni condensatori e due dinamici (nel caso si voglia microfonare anche il rullante), oltre ad una batteria che suoni bene, ben accordata ed un buon batterista come ce ne sono moltissimi.

Dicono che questa tecnica fu scoperta per caso e questo deve essere di ispirazione per continuare a sperimentare.

Non è assolutamente detto che seguire passo passo le regole che ho descritto porterà ad avere un suono come John Bohnam, anzi non ci spererei proprio visto che manca l’ingrediente fondamentale (John Bonham), ma potrà dare una serie di indicazioni e di idee per iniziare a sperimentare e tirare fuori un ottimo sound. Cosa senz’altro fattibilissima.

Quindi il mio consiglio è provare e sperimentare, perché certi concetti si apprendono solamente sul “campo” e provando, sbagliando e risolvendo mentre si registra.

Infine, se volete approfondire, a QUESTO LINK c’è lo stesso Glyn Johns che illustra questa tecnica.

Spero di aver fornito degli spunti interessanti per provare questa tecnica di registrazione. Fatemi sapere cosa ne pensate e soprattutto se avete fatto delle prove diverse e come vi siete trovati.

A presto.

Fabio.

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Portinari

Ciao, sono Fabio Portinari e sono il fondatore e motore di Impara la Batteria, uno dei blog sulla batteria più seguiti d’Italia.

Suono da quasi 30 anni e fin da giovanissimo ho avuto una grande passione per la batteria e tutti gli aspetti che la riguardano.

Studio, suono, insegno e mi piace scrivere parlando di un mondo che mi affascina molto nella sua interezza, non solamente degli aspetti tecnici.
Benvenuto.

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Franco
Franco
2 Giugno 2022 18:26

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