In questo post voglio raccontare qualcosa a proposito della drum-machine Roland TR-808 e di come abbia rivoluzionato il mondo della ritmica nelle produzioni da un certo punto in poi e di come abbia davvero dato via al cambiamento inesorabile che ha spazzato via tutto.
“Io sono un batterista, non voglio neanche sentir parlare delle drum-machine, macchine che usano per sostituirci e che suonano senza un’anima…per carità!” cit.
Devo ammettere di aver fatto parte della categoria di persone che la pensavano così e se anche tu oggi hai questa convinzione, un po’ ti capisco. Poi ho lasciato perdere il campanilismo, sono cresciuto, ho imparato ad ascoltare, a valutare e le mie posizioni sono cambiate.
Anzi, sforzarmi di mettere in dubbio una convinzione che avevo solo in modo preconcetto, è stata una vera e propria fortuna. Ho scoperto discografie, interi movimenti, suoni nuovi ed un modo di approcciare la musica tutto nuovo.
Questo è un passaggio che ho fatto oramai da diversi anni, purtroppo non sono più un ragazzino, ho usato le drum-machine per creare, ho inserito l’elettronica negli album dove ho suonato, diciamo che siamo diventati buoni amici.
Mi hanno aiutato, ispirato, facilitato e non potrei essere più contento di utilizzarle.
Di drum-machines ne esistono davvero moltissime oggi, la tecnologia corre come in tutti gli ambiti dell’elettronica, ma in questo post voglio parlare di chi è stato il responsabile dell’inizio di questo cambiamento.
L’opinione è quasi unanime ed aldilà del concetto “se sia nato prima l’uovo o la gallina” (molti esperimenti erano già stati fatti), la drum-machine che ha dato inizio a questa rivoluzione che non esito a chiamare culturale, ha un nome solo Roland TR-808.
Nel 1978 Ikutaro Kakehashi fondatore della nuova Roland Corporation, dopo anni di diversi tentativi (come l’Ace Tone FR-1, una ingombrante scatola con 16 ritmi già pronti, da inserire principalmente in altri strumenti come ad esempio gli organi) mette sul mercato la CR-78, una drum-machine programmabile.
Il 1980 è l’anno della svolta per il settore, un’azienda americana infatti, la Linn Electronics Inc. mette sul mercato la Linn LM-1, la prima drum-machine ad usare i campioni digitali per i suoni, non prodotti da transistor e diodi ma batterie vere registrate e campionate, dopo la richiesta avuta da parte di Steve Porcaro dei Toto, da utilizzare e mischiare a piacimento.
I samples della batterie utilizzate nella LINN LM-1 furono registrate dal batterista Art Wood e gli hand-clap da Tom Petty.
Il successo della Linn LM-1 è notevole e negli anni ’80 si può ascoltare nei dischi di Micheal Jackson e Prince, solo per citarne alcuni.
Nello stesso anno la Roland lancia sul mercato la TR-808, una drum-machine con lo stesso proposito della Linn, ma i cui suoni non erano campionati, per via dei prezzi troppo alti delle memorie su cui ospitare i campioni e decisero quindi di far produrre i suoni ai circuiti e non utilizzare dei suoni reali.
L’intuizione di Roland fu quella di inserire dei transistor difettosi, acquistati a prezzi molto vantaggiosi da aziende che li scartavano e che proprio per questo producevano dei suoni molto particolari.
Si racconta che il crash della TR-808 sia stato accidentalmente creato rovesciando del tè sul circuito che emise il classico “ppsss” che piacque così tanto che lavorarono finché non riuscirono a riprodurlo.
“Tutto era ‘sbagliato’ con l’808, era destinata al fallimento. Non suonava bene, non suonava come una batteria, due 808 non suonavano allo stesso modo. È la bellissima storia di uno sfavorito in partenza, un “underdog”, che per me è l’essenza dell’industria musicale. Perché nessun artista inizia davvero come una superstar.” Alex Noyer.
Il vantaggio era quello di riuscire in questo modo a mettere sul mercato una macchina a prezzi molto più vantaggiosi rispetto alla Linn LM-1 (5.000$ la Linn contro i circa 1.200$ della TR-808), così da avere molto successo nell’underground, nei quartieri popolari, soprattutto nell’hip-hop dove almeno all’inizio giravano pochi soldi.
La Roland TR-808 riuscì a fare del suo principale difetto (avere dei suoni che non somigliavano affatto ad una batteria vera), la sua principale forza.
Pensate che essendo fatte con dei transistor difettosi, erano tutte diverse e le stesse regolazioni fatte su due drum-machine diverse potevano avere risultati molto diversi.
Era tutta sperimentazione. Un sogno per chi a volte non conosceva nemmeno le note musicali.
La Linn LM-1 infatti aveva dei suoni reali campionati e che quindi se mixati in un certo modo potevano essere scambiati per una batteria vera. La Roland TR-808 invece non somigliava a niente di già sentito o almeno niente che potesse essere riprodotto in altri modi. Questo fu un grande vantaggio perché è vero che rendeva il suono difficilmente collocabile, ma lo rendeva di sicuro riconoscibile. Il suono era robotico, futuristico, artificiale e poteva trasformare una canzone normale in qualcosa di completamente nuovo.
Bisognava solamente attendere la giusta occasione, qualcuno che la utilizzasse e che portasse all’orecchio delle masse questo suono.
La Roland TR-808 entra nel mito nell’Aprile 1982, il dj newyorkese Africa Bambaataa, noto anche per essere un riferimento nella comunità del Bronx dell’epoca, rilascia un singolo interamente suonato con una strumentazione elettronica dal nome “Planet Rock” utilizzando la Roland TR-808 che aveva sentito utilizzare dai “Yellow Magic Orchestra“, un gruppo giapponese considerato tra i fondatori della musica elettronica.
Probabilmente questa è stata la svolta, da lì in po moltissimi artisti iniziarono ad utilizzare la Roland TR-808, negli USA, ma anche in Europa dove i Kraftwerk crearono un vero e proprio nuovo movimento, influenzando da li in avanti intere generazioni di musicisti.
Il suono dell’elettronica della TR-808 ebbe la sua definitiva consacrazione quando arrivò ad essere utilizzato persino nella musica più commerciale. Marvin Gaye decise di far uscire un album totalmente diverso dai precedenti, si trasferì in Europa ed in Belgio registrò “Sexual Healing” che diventò presto uno dei più grandi successi, dove si può sentire il suono della Roland TR-808 in maniera davvero predominante, aprendo la strada a quello che sarebbe stato il sound predominante per la musica degli anni ’80.
Le dimensioni del fenomeno Roland TR-808 furono impressionanti, la musica hip-hop ne fu totalmente conquistata, basti pensare ai Beasty Boys, Public Enemy, Run DMC, solo per citarne alcuni, ma anche la musica pop fu totalmente invasa dai suoni elettronici di questa “macchina”.
Rick Rubin, storico produttore di quegli anni, ma anche dei due decenni successivi fu un grande fan e promotore della 808.
Impossibile non pensare alla carriera solista di Phil Collins ed ai suoi più grandi successi, senza la TR-808. Giustificò la sua scelta così: “Da batterista so quanto a loro non puoi chiedere di suonare un tempo per 10 minuti sempre uguale, prima o poi ci mettono un fill o qualche variazione. Io volevo una base sempre uguale, che fosse in grado di darmi il tempo ed un’atmosfera ben precisa. La 808 era perfetta“.
Voglio citare solo l’intro e tutta la parte iniziale di “In the air tonight“, la semplicissima ritmica della TR-808, il tappeto e la sua voce sono da BRIVIDI!
Negli anni ’80 la TR-808 era ovunque, dai New Order a Whitney Huston, non potete davvero immaginare in quante canzoni l’avete sentita. Quanti brani che avete ascoltato, apprezzato e canticchiato avevano la Roland TR-808 come base ritmica.
“La TR-808 suonava sintetizzata, troppo simile ad una rhythm box. Ma alla fine, quelli sono i suoni che amiamo ed associamo alla musica elettronica. Suonava così bene e si sedeva meravigliosamente nel mix. Questo è ciò che mi ha attratto da subito. Sento che è come se stessi suonando non solo una drum machine, ma un synth.”
Matthew Salaciak
Tutta la Miami Bass, genere più virato al dancefloor utilizzava massicciamente la TR-808, soprattutto per il suono della cassa e del “handclap” molto riconoscibile e per la facilità con la quale questa drum-machine si poteva programmare.
Persino negli anni ’00 ed oltre il suo suono ancora è legato ad artisti come Kanye West che gli ha addirittura dedicato un disco (“808s & Heartbreak” del 2008) o The Weekend che spesso la usa in molte dei suoi brani.
La Trap inoltre fu ispirata da questi suoni, mescolati consuma voce con l’autotune, fin dai primi anni, genere poi arrivato massicciamente anche in Italia con un po’ di ritardo come spesso succede.
Qui vi volevo…
Ora penserete, beh voglio anche io questa drum-machine, mi piacerebbe giocarci e provare a tirare fuori qualcosa.
Non è proprio così semplice, della Roland TR-808 ne furono fatti solamente 12.000 esemplari dopodiché come detto dal suo creatore, la tecnologia avanzò e migliorò, e trovare i transistor difettosi non era più così semplice, quindi nel 1983 la produzione fu cessata. Passarono alla TR-909, altrettanto entrata nella storia ma il mito resta la TR-808.
Tutti la vogliono, chi ce l’ha se la tiene e chi la vende lo fa a prezzi non proprio per tutti, cercare nei vari store online di strumenti usati per averne un’idea.
Insomma trovarla sotto i 5.000€ è difficile.
Ci sono ovviamente moltissimi software che riproducono i suoni di questa drum-machine, persino un software rilasciato proprio da Roland (a pagamento, lo trovi a QUESTO link).
Io ogni tanto lo uso per sperimentare e creare qualcosa, soprattutto quando suono il pianoforte ed è molto bello!
Se siete arrivati a leggere fino a qui, voglio premiarvi dicendo che tutta la storia della Roland TR-808 è raccontata benissimo in un documentario chiamato “808: The Movie” di Alexander Dunn.
Vi lascio il trailer qui sotto, ma se cercate online trovate il documentario completo, davvero molto molto molto interessante con decine di testimonianze (QUI la pagina Facebook ufficiale).
Io l’ho trovato su Apple Music (solo se siete abbonati), ma vedo che c’è anche su YouTube al momento.
Non voglio entrare in dettagli troppo tecnici ma il modo in cui è possibile fare delle regolazioni, la semplicità di uso e di programmazione anche per chi non conosceva la musica, i suoni davvero caratteristici come la cassa molto clicky o molto “bassosa”, e quei due pomelli “Tone” e “Decay” sono stati il successo di questa drum-machine.
Tutto questo ovviamente sarebbe rimasto in Giappone senza che qualcuno l’avesse portato alla ribalta internazionale e spesso i motivi di un successo planetario sono molti e combinati tra loro. Era particolare, era economica, era semplice da usare, era una cosa “nuova” e chi più ne ha più ne metta.
Tutto questo non toglie niente ai meriti del suo creatore, che mentre il mondo faceva la corsa a creare strumenti elettronici che potessero riprodurre in un modo più fedele possibile degli strumenti reali, si ritrovò suo malgrado a dovervi rinunciare a causa dei costi elevati che non poteva sostenere ed invece di arrendersi creò quindi la Roland TR-808, che resterà ancora per moltissimo tempo un’icona della musica, un sound distintivo utilizzato da grandissimi e chissà ancora in quanti lo faranno.
Il mio consiglio, se posso darvene uno, è quello di fare un piccolo “viaggio” nella storia di questo strumento, guardatevi qualche video, sentitevi un po’ di brani, leggete qualche articolo e sono sicuro che ne uscirete arricchiti, al di là di come la pensiate della musica elettronica in generale, perché sarebbe un errore mettere tutto sullo stesso livello.
Buon ascolto.
Fabio
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Ciao, sono Fabio Portinari e sono il fondatore e motore di Impara la Batteria, uno dei blog sulla batteria più seguiti d’Italia.
Suono da quasi 30 anni e fin da giovanissimo ho avuto una grande passione per la batteria e tutti gli aspetti che la riguardano.
Studio, suono, insegno e mi piace scrivere parlando di un mondo che mi affascina molto nella sua interezza, non solamente degli aspetti tecnici.
Benvenuto.
Articolo molto interessante perchè ne avevo sentito parlare ma per me una cosa molto lontana essendo io un neofita della batteria. Penso però che questo ci insegna a non scartare mai nulla perchè tutto ci può venire in aiuto e a stuzzicare la nostra fantasia tutto ci aiuta a evolverci grazie io ho imparato qualcosa che non conoscevo.
Giustissimo.
Grazie Sergio!